Cibo, filosofia e arte. Convergence Pollenzo, 4-5 aprile 2013

“Se ci sia una relazione tra cibo e arte è una questione molto antica, che la filosofia si è posta fin da Platone. Ma oggi la domanda è più viva che mai, e contorna i vari discorsi sulla gastronomia e la cucina: innanzitutto al riguardo della capacità creativa dei cuochi, ma anche dello statuto stesso dell’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica, delle immagini e dell’estetizzazione della vita quotidiana. Quale arte per la cucina? Esiste un’arte naturale nel cibo? Quale è il rapporto tra estetica ed etica per l’esperienza gastronomica? Che relazione c’è tra immagine, suono, gusto? È possibile una somaestetica del cibo? Per la prima volta, un convegno internazionale discuterà in modo approfondito e performativo su queste e altre domande, mettendo a confronto, in una prospettiva trans-disciplinare, cuochi, filosofi e semiologi, studenti e artisti, ricercatori e appassionati. Non solo comunicazioni frontali, secondo la tradizione convegnistica; ma anche workshops e interazione tra competenze e prospettive diverse – per un think tank complessivo sul presente del pensiero alimentare che parte dalla questione dell’arte.

Nicola Perullo è direttore scientifico di questo think tank previsto a Pollenzo, Università di Scienze Gastronomiche (programma qui), per il 4 e 5 di aprile. Tra gli interventi previsti Massimo Bottura, Gianfranco Marrone, Daniel Patterson, Andrea Petrini, Davide Scabin. Previsto anche un approfondimento fotografico di Bob Noto, il venerdì.

Lo storico compromesso di Cipriani all’Harry’s Bar

03vebarDevo dire che se avessi dovuto identificare un simbolo per capire quando si fosse davvero giunti alla crisi dei modelli di ristorazione “borghese” avrei scelto proprio l’Harry’s Bar. Forse più ancora dell’Enoteca Pinchiorri, dove ad un piatto, o meglio a un bicchiere costoso, corrispondono un lavoro, una qualità, una ricerca difficilmente riscontrabili altrove. All’Harry’s Bar di Venezia no: lì un Martini costa quello che costa -e peggio ancora un piatto di baccalà matecato o di risi e bisi– solo perché sei lì. E Arrigo Cipriani, padre di un pezzo di storia recente della cucina italiana, lo ha sempre rivendicato.

L’aria è un po’ cambiata, a quanto pare. E questo interessante articolo di Giampaolo Bonzio è qui a testimoniarlo.

Insomma anche in Calle Vallaresso adesso c’è la formula a prezzo di trattoria, 32euro. Che una volta non bastavano per un piatto, forse ce la facevi per l’aperitivo.

Peccato per le dichiarazioni di Cipriani:

«A differenza degli chef francesi che quasi quasi impongono un percorso a tavola molto lungo dall’antipasto al caffè – spiega Arrigo Cipriani – noi diciamo chiaramente ai nostri clienti che possono concentrarsi anche solo su un primo e su un secondo. In questo modo stiamo cercando di accontentare più che possiamo i turisti che arrivano dalle nostre parti. Possono scegliere un primo tra cinque proposte e lo stesso vale per i secondi».

Un po’ di sincerità non avrebbe guastato. Almeno stavolta. Ma tant’è.

Il mondo cambia, e in fretta.

La mensa è una cosa meravigliosa


Oggi mi sono emozionato. Tornando a Pollenzo, dove ho visto il ristorante Guido trasformato. Già, perché Ugo e Piero Alciati stanno lavorando al nuovo progetto a Serralunga. Nuovo progetto e nuovo format, ma di questo parleremo a tempo debito. E nel frattempo nei locali che ospitarono il loro mitico ristorante si aprono le danze sulle Tavole Accademiche.

Guardare la sala con i tavoli, semplici ma belli, le caraffe d’acqua e tutto pronto per il servizio agli studenti era già di per se entusiasmante. Entrare in cucina e vedere Scabin e la sua brigata al lavoro insieme a Gepis e ai tre studenti dell’Unisg era qualcosa di unico. Oggi, lunedì 28/1, il menu prevede:

Cipollone cotto al forno farcito di spaghetti Monograno di Matt con verdure e salsa d’accughe oppure con salsa di pomodoro

Faraona impanata al camino con patate in tripla cottura, mayowasabi

Cremino al doppio latte con gelatina al caffè

o PIATTO UNICO

Breakfast in Pollenzo (Euv rujà, pan sec, sautisa ed Bra al bür e salvia, pansetta rüstia, fasöj an umid, friciöj e sirop, galetta ed patate, tomatica a la grjia e bulè al verd)

o SCELTA VEGANA

Panino McCombal (Hamburger di tofu produzione Combal, pane morbido al sesamo, pomodoro, cipolla, cetriolo, lattuga, mayowasabi vegana; patate in tripla cottura)

Sorbetto del giorno guarnito

Scabin al lavoro nelle cucine di Pollenzo
Scabin al lavoro nelle cucine di Pollenzo

Il tutto rigorosamente dentro un food cost di cinque euro a persona/menu. Aria di entusiasmo a Pollenzo, nuove belle idee e contaminazioni più che positive.

Tavole Accademiche

(sono più di due mesi che non scrivo su questo blog. ma ho sempre preso il blog come un diario personale e come tale a volte non si ha voglia di scrivere. in tanti mi fanno notare che qualcosa debbo scrivere ma a volte proprio non riesco. mi scuso qui con le centinaia di persone che, nonostante tutto, ogni giorno aprono la pagina per controllare.)

In chiusura 2012 c’è stato l’annuncio di una bella novità: le Tavole Accademiche. La notizia non ha avuto forse tutta l’eco che meritava (prima pagina de la Repubblica a parte) ma contiene in sé molte delle riflessioni che mi hanno accompagnato per quest’anno difficile.

Le Tavole Accademiche consistono nella creazione di una mensa, dedicata agli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche, in cui si succederanno più di venti grandi chef a proporre la loro idea di cibo economico, pratico e senza sprechi, sotto la regia di Beppe “Gepis” Barbero, di Ugo e Piero Alciati e di Maura Biancotto. Nonché di tre studenti (nella foto): Maya Sfair, Lapo Querci e Jaqueline Blazer.

Tra questi, tanto per volare basso, Davide Scabin, Niko Romito, Giovanni Santini, Marc Haeberlin e Ferran Adrià. A disposizione food cost di 5euro a coperto e tante bocche e occhi curiosi. Accesso solo per gli studenti. Altre info qui.

Ma torniamo alle riflessioni: la prima è che se si parlava di fine della cucina borghese (non lo faccio io, ha cominciato Adrià una decina di anni or sono) qui siamo oltre la bistronomie. Siamo a mensa, e sarà molto divertente vedere cosa questi cuochi combineranno.

La seconda è che se c’era necessità di sdrammatizzazione della cucina e della ristorazione tutta, il fatto di mettersi in discussione in una trasferta così singolare e priva di qualsiasi fronzolo, non potrà che dare contenuti alla sostanza dovendo necessariamente privarsi del solito design.

La terza è che il confronto critico con i ragazzi che frequentano Pollenzo (e che sono piuttosto diversi fra loro per provenienze e identità) è una buona occasione per i cuochi per mettersi in discussione. A me accade ogni qualvolta posso fare un seminario o entrare in un’aula. E ne esco con idee nuove. Come quella di fare un libro su questo progetto, magari facendomi aiutare da qualche studente. Candidature?

Premiate Trattorie #2

Lunedì sera si è svolta alla Locanda del Gambero Rosso (Bagno di Romagna) la terza serata organizzata dalle Premiate Trattorie Italiane. Si è trattato di una bella cena durante la quale ognuna delle osterie che aderiscono a questa associazione ha presentato sé stessa attraverso un piatto e un vino del proprio territorio. Al di là della cena (davvero di altissimo livello, molto sopra gli standard di una cena in trasferta), ciò che più ha colpito è stata la volontà di ognuno degli osti di confrontarsi con gli altri, di mettere in gioco la propria idea di tradizione (che al di là di quello che si è portati a pensare è tutt’altro che univoca) e di cucina del territorio. Le Premiate Trattorie Italiane, a ben vedere, si stanno concedendo il privilegio di riflettere sulla cucina di tradizione intendendola come un sistema in movimento e non fisso, uguale a sé stesso e intoccabile. Per farlo si sono affidate non a un congresso ma ai propri piatti e al confronto. Lo scambio di ospitalità (ogni serata è organizzata in una delle osterie – le prossime il 5 febbraio a Ne presso la Brinca e poi il 15 aprile da Devetak a Savogna d’Isonzo) diventa infatti uno scambio di punti di vista, di idee. Anche per questo l’auspicio non può che essere quello di una crescita in termini di adesioni al progetto, solo così le idee che si confronteranno saranno sempre di più e il risultato del ragionamento e dello scambio sempre più interessante.

Eugenio Signoroni

Premiate Trattorie Italiane

Lunedì sera, mentre altrove si ragionava di alta cucina contemporanea, a Isola Dovarese si presentava un altro interessante ragionamento: quello sulle trattorie di qualità. E nascevano le Premiate Trattorie Italiane, di cui avevo scritto qualche settimana fa qui.  La cosa è interessante perché di fatto la trattoria è e resta nell’immaginario collettivo -direi a livello mondiale- uno dei paradigmi di riferimento dell’idea di ristorazione all’italiana. Ma allo stesso tempo, anche se a qualcuno può sembrare strano, trattoria è un termine che definisce una tipologia di locale che non dà garanzie di qualità. Da contrapporre, appunto, al concetto di ristorante.

Questioni superate, direi, anche se tutt’altro che superato è il ragionamento sull’evoluzione del concetto di trattoria. Che non può restare solo il luogo di celebrazione della tradizione, magari legato a modelli di gestione familiare, e che in effetti sta diventando motore di una nuova imprenditoria giovane che ragiona di territorio con paradigmi nuovi. Necessariamente nuovi, per poter guardare avanti avendo sempre ben chiaro ciò che c’è dietro. In quest’ottica il fatto che alcuni “grandi” trattori della vecchia scuola (Amerigo, La Brinca, Caffé La Crepa, Locanda Devetak, Gambero Rosso) si siano riuniti per ragionare di qualità e mettere le basi per un buon futuro è un evento. A loro un grande in bocca al lupo e l’invito a essere rigorosi e non allargare troppo le maglie di un’associazione che deve mantenere alta l’asticella. Perché le trattorie italiane ne hanno bisogno. Detto questo, un po’ di Sud ci vuole…

Er cacio e pepe dei Quiriti

Riporto qui le poche righe scritte su Repubblica sabato scorso, perché Flavio De Maio è uno da seguire:

“I tempi cambiano e quello che era un ristorante messicano modaiolo si trasforma in una trattoria verace, tutta tradizione. Se questo avviene in una metropoli la cosa è ancora più singolare, perché fare cucina di territorio in un contesto urbano non è semplice. Se poi avviene a Roma, nel Rione Prati, dove da sempre il pubblico cerca “qualcosa di diverso” e un po’ di tendenza, allora è una vera e propria sfida. L’ ha raccolta Flavio De Maio, che ha deciso di raddoppiare il suo Velavevodetto di Testaccio con qualche tavolo sulla luminosa piazza dei Quiriti (al civico 5, tel. 0636000009), tra Cola di Rienzo e Piazza Mazzini. Pochi fronzoli (il locale non è stato riarredato) e tanta sostanza: materie prime scelte con cura, in alcuni casi autoprodotte nell’ azienda agricola di Cerveteri e piatti semplici: cucina romana schietta, fra polpette di bollito e cacio e pepe. E forse, proprio perché così semplicemente autentica, alla fine risulta quasi straordinaria. Lo stile della casa è tanto romano, qualche volta un po’ brusco ma saporito come il resto. E il conto è per tutte le tasche.”

(la bella foto, scattata nel locale di Testaccio, è di “Tavole Romane”)

Presentiamo le Birre

Un lungo lavoro, fatto di visite ai birrifici, assaggi regionali e assaggi alla cieca. Un nuovo modo di raccontare produttori e prodotti e di attribuire i riconoscimenti. E ora è venuto il momento di presentare tutto questo al pubblico. L’occasione è a Roma, domenica 10 giugno, dalle 19,00 alle 24,00. Subito dopo l’esordio dell’Italia agli Europei, il modo migliore (speriamo) di festeggiare è venire a conoscere la nuova edizione della Guida alle Birre d’Italia 2013 e assaggiare le Birre Slow in degustazione. Il luogo è il Vinoforum, importante festival dedicato al mondo del ino che anche quest’anno ci ospita. L’ingresso costa 28 € e comprende, oltre alla degustazione, il biglietto al Vinoforum, un bicchiere e una copia della guida.

Eugenio Signoroni