Mentre si discetta di cuochi che scrivono ai cuochi del futuro, mi viene in mente -stando molto con i piedi per terra- le visite fatte in Alsazia in una torrida settimana di agosto.
Di tre “importanti” ristoranti quello che mi viene da raccontare con più entusiasmo è il meno importante. Nel senso che è meno blasonato e meno stellato. E’ l’Umami di Strasburgo, ristorantino di pochi coperti e dalla formula efficace e semplificata: solo sei piatti in carta. Due entrate, due portate principali, due dessert. Le formule vanno dal piatto+dessert a 37euro fino all’assaggio di tutti e sei i piatti in piccole portate, a 60euro. Volendo ci sono i vini in abbinamento al calice, dai 7 ai 20euro per il menu più grande. Cucina di mercato, attenzione ai prodotti e alla stagionalità (ma allora non ci pensano solo i cuochi di Lima…) e sapori netti e convincenti.
Risultato? Nei risultati blasonati il cliente medio è uno straniero di 65anni che si compiace dell’esclusività dell’esperienza, da Umami i sei/sette tavoli erano popolati da giovani e giovanissimi che scherzavano, prendevano tutto poco sul serio e si divertivano un mondo.