La migliore edizione di sempre di Identità Golose ha aperto il campo a riflessioni su ruoli, cuochi, lavoro e comunicazione. La tre giorni milanese, quest’anno (forse anche complice la crisi e la voglia di risalire la china) ha davvero superato ogni aspettativa. Spazi nuovi, organizzazione messa a punto, programma ricco e con un filo conduttore più evidente e la sempre più chiara idea di essere casa comune aperta a voci e riflessioni diverse, qualche volta contraddittorie e anche per questo più interessanti.
Tra queste ieri Elisia Menduni ragiona di narrazione e comunicazione sulla Gazzetta Gastronomica ed Eugenio Signoroni mi scrive: “Leggo quanto scritto da Elisia Menduni sulla lezione di oggi di Massimo Bottura a Identità Golose e di tutte la parole utilizzate quella che più mi resta in mente è racconto. Perché al di là della provenienza delle materie prime, della qualità della cucina, dell’offerta dei vini (elementi fondamentali e che in molti casi sono – fortunatamente – di serie) ciò che in futuro sarà sempre più importante tanto nei grandi ristoranti quanto nelle trattorie sarà la capacità di cuochi e uomini di sala, osti e patron di raccontare la propria cucina, le storie dei piatti, le storie dei vini e delle materie prime. L’esperienza allora sarà completa, a tavola si viaggerà, aggiungendo al piacere di olfatto, gusto e tatto quello ancora più effimero del ricordo e dell’immaginazione.
Ps: tutto funzionerà fino a che anche il racconto non diverrà pura moda, i racconti tutti simili (come le verdure o i vini di cui parlava Marco qualche giorno fa) e le storie sostituiranno i contenuti.”
Nel frattempo, ieri pomeriggio all’UNISG di Pollenzo, dove domani arriverà Rodrigo Oliveira dal Brasile a Bra via Identità Golose, Carmelo Chiaramonte proponeva agli studenti la sua visione del concetto di narrazione in cucina, strappando applausi a scena aperta. A Paolo Marchi propongo di invitarlo sul palco l’anno prossimo.