Grande Muraglia

Subisco il fascino della cucina cinese. Dico il fascino perché non sono neanche sicuro di quello che ho mangiato e non pretendo di sapere di averla assaggiata davvero. L’esperienza più intensa fu quella -quasi dieci anni fa- al NY Noodle Town di una traversa di Canal Street. Ci andai con Marco Veneziani su consiglio di Fabio Rizzari e Alfonso Tornusciolo e per poco più di 10dollari mangiai un’anatra con il cipollotto che ancora ricordo. Anche per questo cerco sempre qualche buon indirizzo anche in Italia. Con scarsi risultati…

L’altro giorno però, dopo un giretto in internet, ho trovato segnalato su Torino un “indirizzo frequentato soprattutto da cinesi”: La Grande Muraglia in corso Emilia, a due passi da Porta Palazzo. Seduto, scopro che ci sono due menu: uno per italiani e un per cinesi. Ordino un manzo bollito piccante, quello della brutta foto, che però rende l’idea quanto ad intensità e piccantezza. Forse uno dei piatti più interessanti mai mangiati!

Una settimana da studenti

Nel mare delle cose da fare in quest’agosto guidaiolo (come peraltro tutti i miei agosto da alcuni anni a questa parte) mi sono concesso una pausa. Una meravigliosa pausa, accompagnando un piccolo gruppo di studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in un viaggio didattico a Roma. E ancora una volta ho pensato quanto sia illuminante e proficuo per me confrontarmi con chi ha vent’anni di meno. Banale quanto vero.

Il viaggio, a carattere territoriale, consisteva nel conoscere aspetti gastronomici, sociali e culturali della città sotto diversi punti di vista. Tante cose, anche se molte sono state lasciate fuori, a volte troppe per giovanissimi curiosi e affamati -in tutti sensi- ma anche digiuni di concetti base (che a torto ritenevo scontati). Perciò abbiamo dovuto districarci tra mercati e artigiani, street food, alta cucina, piatti semplici e tradizionali e altri più innovativi, cercando di crearci da soli un filo rosso. Un lavoro estenuante…. ;-)

La collaborazione di tanti amici è stata enorme. E vedo che -al di là del “blasone” dell’università- c’è una grande curiosità anche da parte di molti operatori nei confronti di giovani che adottano categorie nuove e punti di vista originali (e che applicheranno in futuro). E per i quali molte delle nostre chiavi di lettura sono superate. Quella della contrapposizione tra tradizione e innovazione (l’ho già detto) su tutte.

Abbiamo visitato i mercati Trionfale, Campo de’ Fiori (sempre più turistico e poco significativo, a tratti ridicolo) e il bel mercatino Circo Massimo (in via San Teodoro) organizzato da Coldiretti. Abbiamo conosciuto Gabriele Bonci (che ha semplicemente lasciato tutti di stucco) e Mirella Fiumanò. Pizza e gelato. Devo ringraziare per l’enorme collaborazione Antonello Colonna, che non solo ci ha accolto come i suoi ospiti migliori, ma ci ha raccontato i suoi progetti e il suo futuro dedicandoci quasi due giornate intere. E il cantiere del suo resort di Vallefredda (Labico) ci ha sbalordito. Vedere per credere. Un grazie anche a Federico De Cesare e a Leonardo Di Vincenzo che hanno cercato di fare il massimo per spiegare Roma ai giovani e che come sempre se la sono cavata egregiamente. A Fabio Rizzari e Marco Reitano che ci hanno spiegato il vino (anche se quel giorno un diluvio aveva allagato casa). A Leonardo del ristorante Da Cesare di via del Casaletto, che secondo me è diventata la migliore trattoria della città e a Flavio del Velavevodetto perché come racconta lui Roma non la racconta nessuno. Ad Heinz Beck che ci ha preparato un cacio e pepe con i gamberi al lime (nella foto) in cucina, regalando una inaspettata sorpresa che appaga la felicità di chi non ha mai visto un sistema come quello de La Pergola, che più vedo e conosco e più mi piace. A Gigi Nastri perché la sua cena è stata la più buona secondo gli studenti e ad Arcangelo che sul divano e con un supplì in mano ci ha raccontato il suo libro e il suo lavoro. Da ultimo Franca e gli amici dell’Albergo Sole che hanno ospitato in una casa più che in hotel.

L’elemento sonoro

Leggo (e apprezzo) un interessante post di Fabio Rizzari in cui tra le altre cose si parla dell’elemento sonoro che può essere presente presente in un vino, come brillantemente descritto da Michel Bettane con la definizione dell’eventuale presenza della “vibrazione di uno strumento musicale”. Quello che molti di noi traducono spesso con il concetto di emozione, mi dico.

Non riesco a non saltare immediatamente con la mente ad alcune vibrazioni percepite negli ultimi mesi e provo a buttar giù in quali occasioni e con quali piatti (lascio il vino a chi ne sa più di me, n.d.r.):

Il merluzzo e siulot di Crippa

La parmigiana come una zuppa thai (che non credo si chiami così) di Massimo Bottura

Il Japo burger di Dos Palillos

I ravioli potagères di Alain Passard

La cote de boeuf de L’Ami Jean

Il dentice al limone di Gigi Nastri

I bonbon all’arrabbiata con crema di asparagi selvatici di Riccardo Di Giacinto

I capellini freddi con crudo di pesce e salsa di frutti di mare di Max Alajmo

Il gelato di fiordilatte di Ugo Alciati

Le patate fritte più buone della mia vita, quelle preparate da Marina Maestro, con la paglierina

Giusto per buttare giù qualche appunto. Poi ci penso ancora.