Prima di partire per Venezia, avendo in programma una visita al Quadri, sono andato a cercare qualche racconto o recensione su internet ma ho trovato ben poco. Premesso che posso aver cercato in fretta e male, mi son comunque chiesto come mai quando una famiglia di ristoratori di fama mondiale, incluso un cuoco ancora giovane e per questo osservato da mezzo mondo, apre un locale su una delle due o tre piazze più belle del pianeta e realizza un progetto senza precedenti, in pochi corrono a vedere. Poi mi sono risposto: siamo in Italia. Ma soprattutto: gli Alajmo hanno scelto una posizione leggermente defilata rispetto al circo mediatico, nei loro ristoranti è garbatamente chiesto di non usare la macchina fotografica e questo locale è devvero caro. Almeno parzialmente mi sono risposto.
Poi sono entrato al Quadri, stanco dopo due giornate gastricamente intense e di appuntamenti di lavoro vari, e dunque non nella migliore disposizione d’animo. E sono rimasto a bocca aperta.
Perché la sala e le idee sono effettivamente straordinari. Per la capacità di mettere insieme vecchio e nuovo, rispetto del contesto e progettualità inedita. Identità locale (Venezia e laguna, soprattutto), cucina d’autore fuori dagli schemi, taglio sartoriale della griffe, per usare lo slogan di un importante consorzio di formaggio padano. La griffe di un marchio -quello di famiglia- che evidentemente vuole farsi vedere -e che forse qui riesce a farlo anche più di prima- per sottolineare un’idea di qualità. Padovana e veneziana, italiana.
Sedersi ad uno di questi tavolini con vista sulla piazza, ragionare di soaso (rombo della laguna), scartosso, carbonara di Max o qualche altro piatto de Le Calandre è ovviamente entusiasmante. E si vede che il menu è stato pensato con cura (scaricabile tutto da internet): un mix di territorio e dichiarazioni d’amore verso la tradizione regionale veneta e italiana e alternative innovative o garbatamente creative. Un menu che è un percorso vero. L’accoglienza poi è tra le migliori mai avute, con Stefano Munari che si muove con l’agilità e lo stile che raramente si vedono in giro. E i turisti stranieri gongolano.
La sensazione complessiva è di qualcosa che tende verso la perfezione. Uno sforzo immenso ma ripagato dal risultato. Un gioiellino di cui essere orgogliosi, tutti. In cui però per mangiare ci vogliono almeno 200euro più i vini. Ma non facciamo gli ipocriti perché era chiaro che fosse così. In alternativa l’abcQuadri del piano di sotto o ad uno dei tavolini del Caffé sulla piazza ci si può togliere lo sfizio di un piatto (nel primo caso) o di un sandwich (nel secondo) firmati Alajmo. Già perché seduti in piazza San Marco la legge proibisce di mangiare con forchetta e coltello.