Rosti a Roma, ristorante per clienti liberi

logo_centerIn questi giorni si è parlato più volte, qui e altrove, di “menu di persecuzione” o di “tirannia del menu”.Sono rimasto particolarmente colpito invece dall’idea di un ristorante nuovo, che ribalta completamente questa prospettiva: Rosti.
La struttura: tavoli sociali e grandi spazi, con la brace, il forno e lo spiedo a far da sfondo, ne costituiscono l’architettura. Ma la cosa che mi è piaciuta di più è quanto e come questo luogo sia stato pensato per chi lo frequenta e non per chi lo ha creato. La socialità è un elemento primario: si mangia accanto agli altri, la chiacchiera viene spontanea e le famiglie sono particolarmente ben accette. Fuori, un grande spazio-giardino con giochi per bambini consente di entrare ed uscire e far divertire anche loro. Nessuna formalità nell’apparecchiatura e nella proposta: regole saltate e piatti in ordine sparso (non esiste neanche la divisione in portate: primo, secondo…). Orari elastici per arrivare e mangiare più o meno quando si può, fino a tardi. In tutto questo però grande attenzione da parte del personale che ti segue, si preoccupa, ma non rompe mai le scatole. E soprattutto non pretende nulla da te, meno che mai che tu capisca il locale. Piuttosto te lo spiega.

E’ possibile trovare una propria dimensione, da Rosti. Non si partecipa ad una liturgia ma si vive a tavola un pezzo di vita privata. Di questi tempi (gastronomicamente parlando) mi è sembrato rivoluzionario…

Menu di persecuzione

mr-creosoteLo so che non è bello chiedere come regalo a Babbo Natale che ti elimini qualcosa, ma io l’ho fatto. Gli ho chiesto di eliminarmi il più possibile il menu degustazione. O meglio dire menu devastazione. La mia persecuzione.

Recentemente, dopo aver scoperto che ristoranti “mito” come i Roca a Girona, più volte elogiati per la loro capacità di coniugare proposte alla carta con un offerta adatta a tutti ai menu per gourmet, hanno capitolato anche loro offrendo solo due menu a scelta, me ne sono capitate di tutti i colori. Il 2012 si è chiuso con offerte di menu di panini, degustazioni di gelati, aperitivi a costruiti in sottomenu… Per non parlare del 2013 che si è aperto con l’obbligo di menu degustazione persino in una griglieria. Là dove cercavo una sontuosa bistecca ho trovato antipasto+un piccolo primo+assaggi di carne gourmet. E i piccoli (per quanto buoni) bocconi più che soddisfare un bisogno hanno aumentato il desiderio.

Ebbene, come in tanti si sono opposti al tris di primi io continuo la mia battaglia contro il menu degustazione. Ma non è solo questione di gusti, è anche il capovolgimento di un modello di ristorazione che dai bisogni del cliente si è spostato ai bisogni del cuoco. Voglia di proporre sé stessi e la propria idea di cucina. Mi chiedo solo se sia un modello ripetibile all’infinito. Anzi, mi rispondo: no.

Si può ancora avere voglia di mangiare uno o due piatti cercando di stare bene, magari perché si è in compagnia e non ci si vuole abbuffare, o ancora più semplicemente si vuole ripetere l’esperienza al pasto successivo…?

In caso contrario più che commensale io mi sento ostaggio.

Contro il menu degustazione/2 (la vendetta o il ritorno)

Ne ho già scritto, è un tema ricorrente per me, quasi un’ossessione. Ma dibattendo con alcuni amici ristoratori, proprio in questi giorni, e sentendo programmare ristoranti che avranno solo il menu degustazione mi sono sentito male.

Non ne posso più di lunghe sedute a tavola, non ne posso più di interminabili menu di piccoli assaggi, non ne posso più di percorsi interamente pilotati e di non poter mangiare anche qualcosa che piace a me, magari in almeno cinque bocconi. Sempre gli stessi. Non voglio più mangiare cinquanta ingredienti diversi a pasto, sette tecniche di cottura e dieci salse. Non può sempre essere il pranzo di Babette.

Credo in un pasto più breve (un’ora, un’ora e mezza a tavola è un tempo ragionevole), in tre piatti centrati e pochi orpelli. E il menu degustazione una volta ogni tre mesi. Quando si sa che in quel ristorante è davvero difficile tornare in tempi brevi. Questa è la mia professione di fede.