Frank Rizzuti, Cucina del Sud

Una delle cene dell’anno più fortemente impresse nel ricordo. A Potenza. Riporto l’articolo che ho scritto sabato scorso per Repubblica:

“La rivincita del Sud, come concetto forte, area geografica, stato dell’anima. Questo viene subito da pensare se ci si ferma a Potenza, da Frank Rizzuti, nel ristorante che porta il suo nome. Perché se è vero che poco più di cinquant’anni fa la prima guida Michelin Italia si fermava a Siena, senza considerare le regioni meridionali, è altrettanto vero che oggi qualcosa sta succedendo, e da qualche tempo si tratta di un vero e proprio movimento, contagioso. Probabilmente per questo Rizzuti, sguardo serio e fisico asciutto, ha voluto mettere un sottotitolo al ristorante che porta il suo nome: “Cucina del Sud”, un modo per rappresentare nel piatto uno stile di vita, un’identità che va oltre la Basilicata. Volente o nolente, lui, la rappresenta anche meglio di altri, perché lavorare qui rompe gli stereotipi. Non immaginatevi infatti il ristorante con vista su coste affascinanti, Rizzuti ha creato il suo posto vicino agli svincoli stradali di Potenza, non esattamente sole, mare e turisti. Eppure è anche questo che rende l’impresa interessante: le dolomiti lucane non sono lontane, qui le temperature si sono già abbassate, e paesaggi e sapori sono diversi. Espressione di un altro Sud, intenso e complesso come le uve aglianico del Vulture, ma che in qualche modo è l’altra faccia della cucina mediterranea.

Lo chef qui ha creato uno spazio tutto suo, da vedere: arredi moderni, un piccolo giardino, luci studiate. Non si ammicca alla tradizione, non si usano paccottiglie romantiche ed evocative, tutto è piuttosto essenziale. Un po’ come lo stile della casa, fra camerieri gentili ma non invadenti, poche chiacchiere e molta sostanza. Per scegliere da un menu che costa circa un terzo di quello di tanti colleghi al Nord: da 30 a 50euro, ma in quest’ultimo caso si tratta di ben otto portate. La cucina è quella di un grande musicista, un bravo esecutore. Siamo pieni di creatori e geni, abbiamo bisogno di musicisti. E Rizzuti, non senza ingegno e idee originali, cucina cose conosciute meglio degli altri. Ed è un bell’esempio di territorio oltre la tradizione: c’è tutto il bagaglio del passato ma le note sono stese su una partitura nuova. Ci sono i peperoni cruschi, il sottobosco delle vicine montagne (riprodotto in un piatto evocativo), le orecchiette e il grano del pane, il pomodoro di fine estate e la carne di agnello. Però poi ti ritrovi un gelato fatto di gnummareddi (involtini di interiora ovine) che guarderesti con diffidenza altrove ma che qui risulta perfetto: la perfetta espressione di un gusto intenso restituito con garbo. Più che creativo lo si definirebbe istintivo, diretto, immediato. Un cuoco che non si fa condizionare, che ama il suo contesto –“e io che voglio rappresentare tutto questo…che cucina potrei fare a Milano..?!”, dice- e lo vuole raccontare. Sa che in qualche modo c’è qualcosa di rivoluzionario, nel nuovo Sud.”

www.frankrizzuti.com