In questi giorni si è parlato più volte, qui e altrove, di “menu di persecuzione” o di “tirannia del menu”.Sono rimasto particolarmente colpito invece dall’idea di un ristorante nuovo, che ribalta completamente questa prospettiva: Rosti.
La struttura: tavoli sociali e grandi spazi, con la brace, il forno e lo spiedo a far da sfondo, ne costituiscono l’architettura. Ma la cosa che mi è piaciuta di più è quanto e come questo luogo sia stato pensato per chi lo frequenta e non per chi lo ha creato. La socialità è un elemento primario: si mangia accanto agli altri, la chiacchiera viene spontanea e le famiglie sono particolarmente ben accette. Fuori, un grande spazio-giardino con giochi per bambini consente di entrare ed uscire e far divertire anche loro. Nessuna formalità nell’apparecchiatura e nella proposta: regole saltate e piatti in ordine sparso (non esiste neanche la divisione in portate: primo, secondo…). Orari elastici per arrivare e mangiare più o meno quando si può, fino a tardi. In tutto questo però grande attenzione da parte del personale che ti segue, si preoccupa, ma non rompe mai le scatole. E soprattutto non pretende nulla da te, meno che mai che tu capisca il locale. Piuttosto te lo spiega.
E’ possibile trovare una propria dimensione, da Rosti. Non si partecipa ad una liturgia ma si vive a tavola un pezzo di vita privata. Di questi tempi (gastronomicamente parlando) mi è sembrato rivoluzionario…