Se un blog è anche un diario che segue un po’ la vita di chi lo scrive questo blog si sta trasformando nel diario di un romano trasferito a Torino. Nè più nè meno quello che sono. E comincio a guardare con occhi diversi la mia città: maggiore autocritica, fascino, un pizzico di nostalgia.
Sono dunque tornato da quello che per me è stato uno dei nomi nuovi (davvero nuovi) della ristorazione intelligente: Riccardo Di Giacinto. Il suo All’Oro, sorta di bistrot di alta cucina in quel dei Parioli (terra straniera, n.d.r.) è ormai da qualche anno uno dei migliori locali della città. Per certi aspetti -però- oggi la sua cucina è forse la più interessante. E non tanto (o solo) perché sia la migliore, la più tecnicamente evoluta o incredibilmente geniale ma perché ha delle caratteristiche nettissime, chiare, romane, inconfondibili. Questa cifra stilistica è frutto, come mi è già capitato di scrivere, del carattere del cuoco, che non cerca di alleggerire, rivisitare, rassicurare ma piuttosto drammatizza. E così escono fuori piatti sicuramente moderni, anzi modernissimi, che però riprendono concetti fondamentali del modo tradizionale di cucinare della capitale e della sua regione. Gusti forti, dunque, utilizzo di pomodoro a go go, accostamento di dolce/salato e acido/amaro.
In quest’ultima occasione ho provato un fantastico Lamb burger (un piccolo hamburger di agnello la cui dolcezza ricordava alcune carni crude di vissaniana memoria…), dei bon-bon all’arrabbiata su crema di asparagi selvatici (un contrasto acido/amaro/piccante semplicemente riuscitissimo), una quaglia con petto farcito e coscia laccata miele e ‘nduja, anche se in tanti mi hanno parlato del bollito (che non ho ancora assaggiato) come di una delle sue creature migliori. Tutto davvero eccellente ma quello che mi preme sottolineare è l’originalità di un’impronta che può costituire un punto di partenza nella riflessione su un nuovo modello di alta cucina italiana. Una sorta di nuova concezione del territorio, senza scimmiottamenti. Perché io -in tanti assaggi- una cucina così coraggiosa e poco ruffiana nel riproporre sapori tradizionali non l’avevo ancora provata, in Italia.
p.s.: dopo tanti elogi mi permetto una tiratina di orecchie: a Ricca’ togli i 3euro a persona per il pane, che in un ristorante come il tuo stonano…
Ristorante All’Oro
via Eleonora Duse 1E
00197 Roma
tel. 06 97996907
prezzo medio: 70euro (vini esclusi)
Appena torno a Roma ci vado!
Bravo Marco hai reso l’idea perfettamente, anke per chi non ci è mai stato, Riccardo ha tutto, genialita, tradizionalità e tecnica, complimenti a te per il bellissimo articolo ma soprattutto a Riccardo e al suo staff.
Non so se sia il migliore, ma a me è piaciuto. Soprattutto la quaglia.
Sulla nuova strada, mi sa che siamo in molti a cercare su un modello nuovo. E non solo per l’alta :-)
Scusa Bola’, ma il cheesecake con la cremina al limone (te ricordo che metà del mio te lo sei magnato te nonostante avessi già il tuo bel tiramisù nel piatto) che t’ha fatto?!? :-)
heila! concordo pienamente. ho mangiato da lui molto prima delle citazioni su guide e giornali. e sempre ho ribadito l’assoluto valore della sua cucina. prosit!
Sono stata di recente e la sua cucina diventa sempre più interessante e personale…la questione del pane l’ho trovata davvero poco elegante. Eravamo in 4 e alla fine abbiamo lasciato 12 euro per un cestino di pane fatto in casa che non ci hanno mai cambiato per tutta la cena. Inoltre in sala ci sarebbe bisogno di qualche sorriso in più, non parlo della sua compagna ma signore che l’affianca da qualche tempo. Diciamo che la quaglia ha sistemato tutto!
Oltre al ristorante, trovo molto interessante il tuo commento sulla necessità di trovare nuove vie per l’alta cucina italiana che non si riducano a scimmiottare la cucina tradizionale, ma la interpretino con più coraggio e originalità..